performance


Costellazione 89
nel cielo capovolto di Maria Laperformance (work in progress)
una creazione Vocabolomacchia teatro.studio
in co-produzione con Verdecoprente festival 2013
anteprima internazionale (primo studio) 07 giugno 2013, Transit VII International Women’s Theatre Festival and Meeting “Risk/Crisis Invention”  28/05-9/06 Odin Teatret, Holstebro, Denmark
autunno 2013 Verdecoprente festival.01 Comprensorio Amerino (Tr)
di e con Roberto Giannini e Rossella Viti – elaborazione drammaturgica Rossella Viti

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E’ la mappa di un cielo nuovo che inseguiamo,
è un gioco bambino senza più il bambino,
è un gruppo di stelle che si chiama a distanza, cercandosi nel cielo oscuro del presente.
E’ una scrittura che tesse, scivola, avvolge, è una voce troppo nuda che si copre.
Costellazione 89, quella che ancora non c’è,
guardiamo il cielo giocando con una piccola donna di nome Maria.

Per Costellazione 89 abbiamo lavorato sulle storie che ha raccontato Maria Lai, sulle riflessioni e sui tracciati lasciati dal suo percorso personale e d’artista, abbiamo incontrato poesia, semplicità e complessità, concretezza ed astrazione, materia e intima spiritualità. Questo è stato il punto di partenza, il punto di arrivo non lo conosciamo ancora.
Una performance non per parlare di lei, ma con lei.

♥ Un ringraziamento speciale a Maria Sofia Pisu, nipote, collaboratrice, consigliera di Maria Lai. Per noi una piccola janas che ci cammina accanto.


Valico di città / Crossing the city
nel cammino mi fermo a raccontare (work in progress)

un progetto di scritture meticcie tra fotografia video teatro
di e con Rossella Viti
testi, fotografia, drammaturgia, regia: Rossella Viti
video riprese e montaggio, suoni: Roberto Giannini
con il contributo di
Carlo Ferri, testimonianze video
Camilla Inverardi, architetto, consulenza e ricerca sul campo, testimonianze video
Carlotta, Giuliana, Tommaso, Riccardo, Matilde, Emilio, Sandro, Sara, Margherita, Giuseppe, abitanti, ricercatori, studiosi del territorio aquilano.
una produzione Vocabolomacchia teatro.studio /Ippocampo
in collaborazione con Studio Terrae Mutatae, L’Aquila
L'Aquila 2011©rossellaviti
Primo studio presentato al Magfest
– Festival internazionale di donne nel teatro contemporaneo. Aurum Pescara, 5 gennaio 2012

note d’autore
“Attraversare il valico è passare da uno stato all’altro, entrare nella città dove tutto è mutato, le terre, le case, le persone con le loro sensibilità, i fili dei loro rapporti, e scoprire che nel cammino cambia anche il tuo passo, la tua voce, il tuo sguardo. Un mutamento che devi accogliere per passare al di là del valico, non per dimenticare, ma per riuscire a guardare oltre la polvere, in direzione di una ‘nuova’ L’Aquila, città mutata.

Valico di città è un progetto di drammaturgie incrociate, uno scambio di sguardi, riflessioni e sensibilità, un cammino in cui “l’altro” è essenziale. L’altro è una persona che ti apre la sua casa, la sua esperienza, il suo pensiero, i suoi dubbi, l’altro è chi si lascia riprendere nell’intimità di un dolore che vorrebbe dimenticare, che ti accompagna tra le silenti vie che non vorrebbe mai più vedere, non così almeno, l’altro è chi non ne può più di raccontare quello che teme che gli altri vogliono sentir raccontare, e spesso ha ragione, l’altro è un giovane che ricorda con il sorriso sulle labbra e uno che ‘non c’è più niente da fare’, l’altro è una bambina che disegna il passato e progetta il suo futuro. Altro è tutto quello che scopri solo cambiando il tuo passo nell’attraversare il territorio degli ‘altri’, che siano territori emotivi, mentali, corporei, geografici, di un singolo o della comunità.
E’ stato solo quando ho trovato questo nuovo sguardo dentro di me, che ho compreso meglio il progetto che stavo seguendo, dopo alcuni mesi e molti incontri sul campo, dopo che avevo alimentato con interviste, riprese video e fotografiche, testimonianze e sopralluoghi, un’idea di partenza che vedeva la città de L’Aquila al centro di un reportage teatrale e visivo. Un’idea che ora si stava radicalmente trasformando nella consapevolezza che la prima cosa che ero andata cercando e raccogliendo in quei mesi, non era la percezione degli altri sulla città, ma la mia fra di loro.

Questo è lo stato delle cose e questo primo studio nasce intorno alle visioni affiorate dal cammino intrapreso, che metto in forma attraverso una scrittura già in partenza dichiaratamente meticcia. Una scrittura che si fa spazio della visione, non in quanto dato visivo, ma poiché immagine rielaborata dal corpo e dai sensi, percorso interiore, ritmo di un respiro in equilibrio permanente tra l’affanno e l’apnea, come quello che ancora accade a me attraversando il valico di questa città.” rv


Flashing pictures
fotografia_pittura_rappresentazione, scritture somatiche scritture istantanee
creazione Vocabolomacchia teatrostudio
di e con Rossella Viti e Roberto Giannini

Una performance che gioca sul piano visivo attraverso tre scritture istantanee capaci di riorganizzarsi velocemente in nuove forme e modalità narrative, conducendo l’ignaro spettatore in una nuova rappresentazione di sé.

Lo spazio necessario alla performance è la contemporaneità che si apre nei luoghi più diversi e durante gli eventi vissuti dalla gente, lo spazio scenico è al chiuso o all’aperto, ovunque sia possibile creare un set fotografico e proiettare immagini nella semi oscurità. La performance richiama alla mente il meccanismo del teatro di strada che avvolge i partecipanti dell’azione in uno spazio ‘altro’, denso di relazioni che modificano a livello percettivo la realtà circostante, invitando a nuovi sguardi e relazioni.

La fotografia è la prima scrittura ad entrare in azione, un semplice fondale, naturale o artificiale, un ritratto. Si può essere fotografati insieme ad un amico o ad un estraneo, e sin da subito ci si trova a fare i conti con la propria immagine. L’azione pittorica arriva volteggiando tra i volti degli spettatori proiettati su uno schermo di carta, ma il colore comincia a scorrere abbondante e tutto viene a poco a poco scomposto, identità, spazi, ricordi. Ora quei tratti somatici che la fotografia, per quanto in modo arbitrario, aveva rispettato, restano lì sulla carta a tradire un segno che di personale non ha più niente, è familiare e ignoto nello stesso tempo, come un codice antico che svela improvvisamente qualcosa. E il segreto è nel confine in cui pittura e fotografia lasciano il campo alla terza scrittura, il non visibile. Uno spazio speciale in cui prende forma l’esperienza di una piccola comunità che si incontra per caso, e giocando con la propria impronta scrive una nuova storia, una costruzione ‘drammatica’ collettiva e inattesa.
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