polis

La polis fu un modello di struttura tipicamente greca che prevedeva l’attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita politica. In contrapposizione alle altre città-stato antiche, la peculiarità della polis non era tanto la forma di governo democratica od oligarchica, ma l’isonomia: il fatto che tutti i cittadini liberi soggiacessero alle stesse norme di diritto, secondo una concezione che identificava l’ordine naturale dell’universo con le leggi della città.


Aiace fa strage di greggi, pensando che siano i nemici cui deve vendetta, gli Achei. Ma poi l’eroe, tornato in sé, non sopravvive alla vergogna. Questo era, per Sofocle, tra le pagine di una tragedia. Da rileggere nelle vacanze di Pasqua.

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“Orlando ritagliò la colpa nel silenzio, mentre cadeva nel fumo sputato dal vento.
L’ordine lo sorprese nella confusione.”

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da VerdeLab 2014 “esercizi sull’Orlando Furioso”
con Attilio Faroppa, Roberto Giannini, Rossella Viti.


 

3 pensieri su “polis

  1. Leggendo le righe sopra riportate, mi torna in mente un altro Orlando che, sicuramente, non c’entra nulla con “Il Furioso”, né con il tipo di lavoro che intendete proporre, però a me è sempre piaciuta molto la descrizione che ne viene data, specie per il sottotesto che racchiude, quindi la vorrei riportare, perché, infondo, se ne possono trarre diversi spunti, secondo me…

    “….Orlando respirò sollevata, accese una sigaretta, e per un paio di minuti mandò buffate in silenzio. Poi, esitante, come se la persona che nominava potesse trovarsi assente, chiamò: “Orlando?”. Perché se ci sono, mettiamo, settantasei ritmi diversi che battono all’unisono nello spirito umano, quante diverse persone – Dio ci aiuti – non albergano in un momento o nell’altro nello spirito umano? Duemila e cinquantadue, dicono alcuni. Una volta che è così, è la cosa più naturale del mondo che una persona, non appena si trova sola, si chiami “Orlando?” (se si chiama così) e, con ciò intende “Andiamo, su! Sono arcistufa del mio io presente, ne voglio un altro”. Donde gli stupefacenti cambiamenti che osserviamo nei nostri amici”.

    Io non lo so se, le persone che albergano, contemporaneamente, nello spirito umano, sono 2.052, ma so, per certo, che dentro ognuno di noi, albergano molti io diversi, che possiamo chiamare come vogliamo e che, a seconda delle circostanze della vita, premono, a turno, per uscire, o il nostro stesso io cosciente li chiama, di volta in volta, perché è stufo di se stesso, del suo vissuto e lo vuole cambiare…..Siamo in una stasi dinamica: fermi in un luogo, in una situazione, in un tempo, anche per anni magari, e, in questo caso, la nostra molteplicità rimane latente, ma si muove, in modo appena percettibile, forse,……però, è sempre lì lì…..pronta, prima o poi, ad affiorare, fino ad esplodere, con un’anima o l’altra, a seconda del punto del cammino in cui siamo…..
    E non può essere anche questa una città? Non può, ognuno di noi, frammentato nelle diverse anime da cui è attraversato, e che convivono, più o meno pacificamente, costituire una città? Interiore, emotiva, o comunque la si voglia chiamare?

    Non lo so, a me è venuto in mente, lascio l’interrogativo aperto…..

    cit. Virginia Woolf, da: “Orlando”

  2. Siamo due città opposte: una piccola, d’ambiente semplice e quotidiano, del tutto anonimo, troppo anonimo per molti, da cadere nel dimenticatoio della vita……l’altra più dorata, sfavillante, crocevia di vite, riconoscimenti, prestigio….ma….nella sostanza o nell’apparenza? Chissà…… Per me, tu sei oltre l’apparenza, dentro la sostanza della mia (e forse anche della tua..) città…

  3. Ma, oggi, la mia città è andata distrutta, si è sgretolata pezzo per pezzo…..adesso li devo rimettere insieme…e tu, racchiuso tra le mura confortevoli della tua città, non lo sai neanche…..ed io, calpestando le macerie, potrò arrivare alla tua città? Troverò, almeno una fessura, per entrare?

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